L'Escherichia coli, batterio GRAM negativo normalmente presente nel colon, è il principale responsabile di infezioni urinarie, sostenendo fino al 90% dei casi in assenza di fattori di rischio concomitanti o complicazioni. Oltretutto, si stima che la percentuale di recidive dopo guarigione da una prima infezione urinaria sostenuta da Escherichia Coli si attesti intorno al 44% nell'arco dei successivi 12 mesi.
Non sorprende, dunque, che l'Escherichia coli venga spesso riscontrato nell'urina in seguito ad esami di laboratorio condotti per indagare l'origine di uno o più sintomi riconducibili ad un'infezione delle vie urinarie: dolore o bruciore durante la minzione, frequente stimolo ad urinare, urine torbide e di odore pungente, dolori nella parte bassa dell'addome od ai reni, brividi, febbre, sudore, e dolori durante i rapporti sessuali.
Le infezioni urinarie sostenute da Escherichia coli sono più comuni nella donna, per le già citate caratteristiche anatomiche sfavorevoli (uretra più corta, meato urinario più vicino alla regione anale) e per l'assenza dell'attività battericida delle secrezioni prostatiche. Il rischio aumenta anche durante la gravidanza e in presenza di diabete.
Non tutti i ceppi di Escherichia coli sono in grado di provocare infezioni urinarie; i microrganismi dotati di questa capacità sono pertanto definiti "uropatogeni". Tale caratteristica si deve alla presenza di fattori di aderenza, che permettono all'Escherichia coli di ancorarsi alla membrana delle cellule uroepiteliali per mezzo di strutture proteiche chiamate adesine, localizzate all'estremità distale di sottili filamenti (pilio fimbrie) che si proiettano dalla parete del batterio. Tra queste, le fimbrie P (mannosio-resistenti) si legano ad un disaccaride del galattosio presente sulla superficie delle cellule uroepiteliali, e all'antigene P degli eritrociti.
Di conseguenza, i pazienti che ospitano ceppi uropatogeni nel proprio intestino, corrono un maggior rischio di sviluppare infezioni urinarie da Escherichia coli (per approfondire: mannosio e cistite); queste infezioni possono coinvolgere l'uretra (uretriti), la vescica (cistiti), il rene (pielonefriti) o la prostata (prostatiti).
Infezioni urinarie complicate e pielonefrite si osservano perlopiù in pazienti anziani con anomalie strutturali delle vie urinarie o problemi ostruttivi, causati ad esempio da una prostata ingrossata o da un tumore. Nei casi più gravi, dinanzi ad un sistema immunitario compromesso e ad una debilitazione fisica generale, l'Escherichia coli può entrare nel circolo sanguigno, causando una reazione sistemica ai suoi antigeni, che può condurre a coagulazione intravascolare disseminata con prognosi infausta.
La presenza di dolori localizzati al fianco o alla bassa schiena, accompagnati da febbre alta (>39°C), brividi, sudorazione, cefalea, nausea ed alta frequenza ed urgenza nella minzione, deve far sospettare un'infezione renale (pielonefrite) od un'infezione urinaria complicata.